In medicina non possono esistere giochi di parole: un farmaco biosimilare non è l’esatta copia del biotech originale, ma solo ‘simile’, in quanto le sue caratteristiche e sua produzione non consentono l’ottenimento di un prodotto “copia”. Simili dunque, ma non uguali.
Il biosimilare, infatti, è un medicinale biotecnologico che fa riferimento a uno già esistente che viene sottoposto alle autorità regolatorie per l’autorizzazione alla commercializzazione dopo la scadenza del brevetto del farmaco biotecnologico originale. è, dunque, un farmaco nuovo, ma non necessariamente innovativo, diverso dal farmaco originale e dagli altri farmaci biosimilari. Sono medicamenti destinati a patologie di estrema serietà, in cui l’incidenza delle considerazioni economiche deve essere posta in secondo piano, anche in riferimento alla Costituzione, che garantisce per ogni cittadino il diritto alla salute. Il tema della non equivalenza terapeutica e della non sostituibilità automatica appare condiviso dal mondo politico e scientifico, ma è importante che questi princìpi vengano sanciti da una norma legislativa che stabilisca che l’unico titolare della prescrizione del prodotto biologico sia lo specialista. Vi è una urgente e assoluta necessità di una legge affinché si evitino sistemi diversi per ogni Regione. In tal modo si verrebbero infatti a determinare differenze e non equità di accesso alle cure del paziente. Cosa che è accaduta in alcune regioni dove sono state costituite singole commissioni che si sono arrogate il potere di stabilire l’equivalenza terapeutica dei farmaci senza competenze sufficienti ed in contrasto con quanto affermato dall’ EMA, l’ Agenzia Europea dei Farmaci. E’ questo il motivo della presentazione un disegno di legge, il 1875, ampiamente condiviso da maggioranza e opposizioni, attualmente all’esame della commissione Igiene e Sanità, e già incardinato per l’iter legislativo. Il ddl mira a riconoscere la diversità sostanziale fra “farmaci biologici” e “farmaci biosimili”, ma non blocca il riconoscimento della efficacia di questi ultimi, i quali però debbono seguire un percorso diverso e più articolato, a totale garanzia dell’utente finale. è per questo che è necessario, secondo tutti i firmatari, che sia un organo centrale, ad esempio l’Aifa e non singole commissioni ad esprimere il parere sull’equivalenza terapeutica. Proprio per questo potrà essere possibile l’introduzione piena del biosimilare nei pazienti Naive, mantenendo alto il controllo sull’efficacia e sicurezza del paziente e per assicurare la continuità di terapia con i pazienti trattati con originator. Inoltre sarà necessario aprire un tavolo di confronto tra Governo, regioni e aziende in cui prevedere la riduzione del prezzo dei farmaci originator a brevetto scaduto che rispetti il premium price dovuto e riconosciuto alla molecola originatrice. In questo modo sarà garantita la libertà di scelta per la terapia del medico.
Ma il tema dei farmaci bio similari è al centro del dibattito politico anche per le ricadute e per i potenziali benefici economici a vantaggio dei sistemi sanitari derivanti dall’ingresso sul mercato di questi prodotti. Probabilmente, quindi, proprio l’aspetto meramente “economico” ha spinto l’Autorità Garante della Concorrenza sul Mercato ad intervenire nel marzo scorso, introducendo il principio di equivalenza terapeutica tra le due categorie di prodotti e la conseguenza predisposizione di gare per l’acquisto di medicinali a lotto unico. Un eventuale divieto sarebbe sproporzionato, adduce l’Autority, e si tradurrebbe in un restringimento ingiustificato della concorrenza con perdita di ingenti risparmi di spesa pubblica, pari, sembra, al 20-30%. I prodotti biosimilari attualmente in commercio sono solo 6, ma i brevetti in scadenza 45 per un fatturato mondiale che si agiterebbe intorno ai 60 miliardi di euro. Un colpo inferto al DDL 1875 i cui firmati ribadiscono invece la fondamentale centralità del medico terapeuta, posizione ribadita anche dall’Ema che stabilisce che ogni trattamento deve essere deciso in termini assoluti dallo specialista. L’Ema, infatti riconosce una corrispondenza di “indicazione tarepeutica” ma non può stabilire l’equivalenza terapeutica. Ma a ben vedere, l’Autority non sferra un colpo mortale al DDl. Il suo intervento è sembrato quantomeno improvvido, perché tende a condizionare un Decreto prima ancora che il Parlamento abbia concluso il suo percorso. E soprattutto perché proveniente da parte di un organismo assolutamente non competente sul piano tecnico. Al contrario il 1875 potrebbe rappresentare un modello di riferimento che molti stati dell’Unione Europea potrebbero interpretare come best practice.