Sempre più italiani si cimentano in qualche attività fisica: solo il 18% ha dichiarato di non fare nessun tipo di movimento.
La passeggiata la più gettonata: la pratica più di un italiano su 2.
Almeno 150 minuti a settimana di attività fisica per gli adulti e 60 minuti al giorno per bambini e giovani: queste sono due delle raccomandazioni emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con le nuove Linee guida per l’attività fisica 2016-2020. Tutti sanno che lo sport è importante per rimanere in salute, ma forse non tutti si rendono conto di quanto l’attività fisica sia potente come mezzo per prevenire o addirittura curare molte malattie.
Se guardiamo all’ultimo studio dell’Istat «La pratica sportiva in Italia» uscito lo scorso 23 febbraio, tuttavia, notiamo come la percentuale di chi pratica sport con continuità sia in costante crescita dal 2013. Una persona su quattro, ormai, si dichiara uno sportivo. Il dato è confermato dall’ultimo Osservatorio Sanità di UniSalute, la compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza sanitaria, attraverso un’indagine condotta su tutto il territorio nazionale. Secondo i dati analizzati, il 22% degli intervistati fa una regolare attività fisica più volte a settimana, il 16% una volta a settimana, il 45% saltuariamente e solo il 18% ha dichiarato di non fare mai nessuna attività fisica. La fascia di età più pigra risulta quella compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre gli italiani tra i 30 e i 34 anni sono i più attivi.
La salute è senz’altro la motivazione principale che spinge gli italiani a praticare sport (29%). A pari merito si colloca tuttavia il fatto che, muovendosi, gli intervistati si sentano meglio con se stessi, mentre al secondo posto (26%) c’è il desiderio di volersi mantenere in forma; la perdita di peso è il motivo scatenante per solo l’11% degli intervistati.
UniSalute ha chiesto poi agli italiani in quali sport preferiscono cimentarsi: prima fra tutte la passeggiata (55%), che raggiunge il 64% tra gli over 65. Il 25% preferisce fare esercizi in casa, mentre il 19% pratica la corsa. In realtà gli italiani che decidono di iniziare a correre sono sempre di più, basti pensare che nel nostro Paese sono quasi 40mila le persone che nel 2016 hanno concluso almeno una maratona. Probabilmente gli italiani hanno preso coscienza del fatto che correre non solo aiuta a tenere sotto controllo il peso e gli zuccheri nel sangue, ma migliora lo stato della circolazione sanguigna e dà una mano anche all’umore. Per questo UniSalute, da sempre attenta alla salute degli italiani, ha deciso di affiancare per il secondo anno consecutivo in qualità di main sponsor la Run Tune Up, la mezza maratona che si disputa da 17 anni per le vie del centro di Bologna.
E’ importante però che gli abitanti del Bel Paese capiscano l’importanza di non improvvisarsi atleti: dall’indagine di UniSalute risulta infatti che il 71%, invece di affidarsi a qualche esperto per praticare in modo corretto attività fisica, preferisce fare da solo, l’11% si affida a un personal trainer e solo il 7% si mette nelle mani di un preparatore atletico.
“Praticare regolarmente un’attività fisica è una delle abitudini migliori in grado di garantire il benessere fisico,” commenta Fiammetta Fabris, Direttore Generale di UniSalute. “La mancanza di movimento è uno dei principali fattori di rischio per la salute, senza contare l’aspetto economico: l’inattività non solo ha un pesante impatto negativo in forma di costi diretti per il sistema sanitario, ma ha anche un elevato costo indiretto in termini di aumento dei congedi per malattia o delle inabilità al lavoro. Crediamo fortemente che la salute passi attraverso un corretto stile di vita, e che questo sia fondamentale per vivere non solo più a lungo ma anche per mantenere un corpo sano. Per questo sponsorizziamo per il secondo anno UniSalute Run Tune Up e abbiamo organizzato una conferenza lo scorso 9 settembre a Bologna dal titolo “Diversamente giovani: come vivere fino a 120 anni”: speriamo di aver dato un’occasione per confrontarsi sul tema attraverso l’esperienza di noti sportivi e il contributo scientifico di medici e accademici.”