Intervista alla Dottoressa Maria Cristina Di Mascio, Medico Chirurgo – Specialista in Chirurgia Estetica
Al giorno d’oggi la tecnologia permette di avere numerose tecniche per la rimozione di tatuaggi, tale richiesta è dettata dall’esigenza del paziente/cliente di ottenere un buon risultato estetico senza cicatrici evidenti.
Cosa deve valutare il medico per la rimozione del tatuaggio?
Anzitutto, è necessario capire chi ha eseguito il tatuaggio e come questo è stato eseguito facendo una semplice intervista al paziente.
Se il tatuaggio è amatoriale a pennino oppure datato, viene eseguito manualmente ad una profondità non uniforme dell’epidermide.
Ad un’ispezione visiva, il disegno si presenta con margini mal definiti e la colorazione varia notevolmente a seconda della concentrazione e localizzazione del pigmento. I pigmenti utilizzati sono: inchiostro di china, cromatina, carbone ed altri coloranti.
Se il tatuaggio è professionale viene eseguito con una “pistola” automatica ed il pigmento viene depositato in maniera uniforme.
Esistono anche tatuaggi traumatici che derivano dalla penetrazione nella cute di piccoli corpi estranei.
Per ultimo ma non d’importanza, il paziente deve essere edotto e consapevole che la rimozione dei tatuaggi non è un intervento estetico, pertanto non può essere garantito un risultato estetico. Il risultato sarà buono o cattivo in relazione alla reattività del paziente, alla profondità del pigmento, al controllo dell’infezione e alla limitazione di microtraumi durante la guarigione dell’area trattata.
Norme generali per la rimozione dei tatuaggi
• Scomporre il tatuaggio nelle aree di movimento
• Non intervenire sulla stessa area prima che siano passati almeno 2 due mesi dalla riepitelizzazione
• Il paziente non deve svolgere attività ginnica fino alla rimozione completa dell’escara del tatuaggio
Il Plexr viene utilizzato nelle aree che più facilmente possono dare origine a cicatrici ipertrofiche e questa metodica consente una rimozione del tatuaggio delicata con un’ottima restitutio ad integrum.
Il trattamento presenta minimi rischi infettivi, poiché dopo pochi giorni si forma una crosta che protegge l’area trattata.
Il plasma generato dal Plexr polverizza i pigmenti del tatuaggio e non scalda i tessuti in profondità. La guarigione è rapida e la cute si presenta simile a quella circostante.
Dopo aver eseguito l’anestesia topica (aspettare il tempo necessario 30-45 min), si esegue un primo passaggio utilizzando il manipolo bianco del Plexr, ovvero quello a più bassa potenza, a seguito del quale la cute viene disepitelizzata (rimozione dello strato esterno).
Successivamente con il manipolo rosso, ovvero quello a più elevata potenza, viene effettuato un passaggio sul derma pigmentato. Ovviamente dove il derma è più pigmentato è necessario ripetere più volte il passaggio, quindi rimuovere il carbone e con esso verrà rimossa anche buona parte del pigmento. Nelle regioni sottoposte a movimento è necessario scomporre l’intervento effettuando un trattamento parziale. Dopo il trattamento la superfice viene aspersa con una polvere antisettica (Ektogan) e coperta con un fazzoletto di carta fissato con cerotti.
Nei giorni successivi il paziente continuerà ad applicare la polvere fino a quando l’escara non si sarà consolidata. Quando l’escara si stacca, l’area trattata deve essere protetta dal sole. Si può reintervenire sull’area trattata solo dopo due mesi ed a seguito di una accurata valutazione per il prosieguo del trattamento.
Si esegue disepitelizzando la cute sovrastante il pigmento utilizzando il manipolo bianco del Plexr, che viene passato sulla superficie del tatuaggio debordando di alcuni mm dal margine del disegno e scoprendo lo strato più superficiale del derma papillare. Nei tatuaggi di dimensioni rilevanti e nelle aree soggette a movimenti muscolari, il tatuaggio deve essere scomposto. A seguito di questo passaggio non viene raggiunto il pigmento: la disepitelizzazione della cute infatti serve esclusivamente alla salatura.
Sublimata l’epidermide si esegue perciò la salatura del derma.
La salatura è una tecnica utilizzata sin da prima dall’avvento della tecnologia laser.
L’operatore solubilizza parzialmente del sale fino in capsula con soluzione fisiologica. Il composto ottenuto viene quindi applicato con delle garze sull’area da trattare, con tempistiche variabili da un minimo di 15 minuti fino ad un massimo di un’ora, in relazione a: spessore della cute; vascolarizzazione; ricchezza di annessi e pigmenti nelle diverse regioni del corpo.
La salatura provoca una necrosi superficiale, la dismissione osmotica del pigmento ed una reazione fagocitaria ed essudativa.
Durante l’applicazione del sale sui tatuaggi estesi è necessario reintegrare la componente liquida assorbita dalle garze.
Il sale viene eliminato con un lungo lavaggio e l’area viene disinfettata con una soluzione diluita di betadine e medicata con una garza antisettico non aderente. La disinfezione deve essere eseguita tutti i giorni durante la prima settimana.
Per un risultato ottimale è necessario evitare l’infezione perché può dare una cicatrice ipertrofica.
È necessario spiegare al paziente che gli effetti della soluzione salina non sono immediati e che pertanto non si dovrà stupire se, durante le prime medicazioni, vedrà il tatuaggio più evidente.
Bisogna inoltre ricordare che per la rimozione di tatuaggi professionali sono necessarie meno sedute rispetto ai tatuaggi amatoriali.
Normalmente dopo la prima seduta resta il pigmento negli strati più profondi o in quantità maggiori nel derma. La successiva seduta deve essere eseguita soltanto dopo tre mesi, ovviamente sui punti residui del tatuaggio. La maggior parte dei tatuaggi viene eliminata in due sedute, ma si può arrivare anche a 5 sedute per ottenere un risultato completo.
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