In diminuzione la percentuale di giovani pazienti che necessitano di terapia farmacologica. A sostenerlo gli esperti riuniti a Chieti nel corso del 35° Congresso Nazionale di Endocrinologia.
di Alessia Addari
“Se da un lato è aumentato il numero delle bambine condotte dal pediatra endocrinologo per la comparsa di segni di sviluppo puberale ritenuti precoci dai genitori, dall’altro è sicuramente ridotta la percentuale di pazienti per le quali viene intrapresa una terapia farmacologica”. Lo racconta Alessandra Cassio, Endocrinologa Pediatra dell’Università di Bologna. “Oggi vi è un generale accordo sul fatto che non tutte le bambine con inizio anticipato di pubertà necessitano del trattamento e che il compito del pediatra è proprio quello di individuare, mediante la valutazione clinica, alcune indagini e, se necessario, un breve monitoraggio, le forme da trattare, evitando un inutile eccesso di prescrizione farmacologica ”. È necessario insomma selezionare solo i casi governabili con il trattamento, opinione condivisa anche da Lucia Ghizzoni, Pediatra Endocrinologa all’Università di Torino: “Bisogna sicuramente trattare- illustra – le bambine con comparsa molto precoce dei primi segni puberali prima dei 6 anni di età. Tra i 7 e gli 8 anni la decisione va individualizzata in rapporto all’entità dell’avanzamento della maturazione ossea, all’altezza parentale, e alla predizione dell’altezza da adulto, tenendo sempre presente che uno degli scopi della terapia è quello di garantire una crescita staturale ottimale. Nelle bambine con comparsa dei segni puberali dagli 8 anni in poi, la terapia in genere non è indicata perché non incide in modo significativo sulla prognosi staturale”. Riguardo le possibilità di intervento ed i trattamenti da applicare, nonostante si stiano valutando nuove possibilità, come impianti sottocutanei, ancora in fase sperimentale, le due studiose concordano sulla somministrazione mensile o trimestrale per via intramuscolare o sottocutanea degli analoghi del GnRH in formulazioni ritardo. Tale trattamento si è rilevato efficace e sicuro, privo di significativi effetti collaterali a breve e lungo termine. “I dati di uno studio condotto presso il nostro Centro in pazienti adulte con pregressa pubertà anticipata – ricorda Alessandra Cassio – hanno dimostrato che la funzionalità mestruale, la fertilità e la morfologia ovarica di queste ragazze non si discosta dalla normalità. Tuttavia ulteriori studi prospettici a lungo termine saranno ancora necessari prima di escludere possibili effetti negativi, fra cui in particolare una maggiore incidenza della sindrome dell’ovaio policistico.
Ma quali sono i possibili effetti negativi della pubertà precoce?
Secondo Lucia Ghizzoni: “statura definitiva più bassa, che rappresenta l’indicazione principale al trattamento. Non vi sono ad oggi evidenze certe di effetti negativi di uno sviluppo puberale precoce sul versante psicologico. A questo riguardo però non sono ancora disponibili studi controllati che abbiano analizzato con metodiche standardizzate tali aspetti”. La riduzione dell’età di comparsa delle prime mestruazioni nella popolazione europea e americana è stata più volte segnalata e un recente studio dei ricercatori della Clinica Universitaria di Copenhagen ha dimostrato che nel 2006 il seno delle ragazzine si è sviluppato un anno prima rispetto al 1991, ossia all’età di nove anni e nove mesi invece di dieci anni e nove mesi. Perchè sempre più spesso le prime mestruazioni compaiono già in età di scuola elementare?
“La riduzione dell’età del menarca – risponde Lucia Ghizzoni – è stato messo in relazione al progressivo aumento dell’indice di massa corporea (BMI) nella popolazione pediatrica. Quindi i bambini con BMI maggiore sono quelli più a rischio di andare incontro ad uno sviluppo puberale anticipato o precoce”. “Ci sono – continua Alessandra Cassio – studi sia nazionali internazionali che ci dicono che, soprattutto nei paesi industrializzati, vi è sì un anticipo dell’età media di comparsa del primo segno di sviluppo puberale (cioè il seno) ma che l’età del menarca, cioè della prima mestruazione, è rimasta stabile nelle ultime due generazioni, conducendo globalmente ad un prolungamento del tempo del percorso puberale”.
Compito del pediatra è quello di individuare, medi ante la valutazione clinica, alcune indagini e, se necessario, un breve monitoraggio, le forme da trattare, evitando un inutile eccesso di prescrizione farmacologica.