Da qualche anno si sente parlare di FODMAP, zuccheri che accentuano i sintomi della sindrome del colon irritabile e che si trovano in derivati del grano, latte, alcuni frutti e molte verdure. Un recente studio mostra la loro funzione irritativa
L’acronimo, fino a poco tempo fa, era noto soltanto agli specialisti: FODMAP. Ma la sigla – che riassume i vocaboli inglesi; fermentabili, oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli – inizia a entrare nella quotidianità anche di uomini e donne che soffrono della sindrome del colon irritabile, una condizione che colpisce il 15% della popolazione adulta italiana, con maggiore prevalenza tra le donne. In presenza di alcuni fattori – non ancora del tutto noti, ma comprendenti sicuramente lo stress -, l’intestino non svolge in maniera ottimale la sua funzione digestiva. E inizia, così, a fare “le bizze”: dolori e gonfiori addominali, che si possono accompagnare a stipsi o diarrea. Sintomi che arrivano a compromettere in maniera rilevante la qualità di vita del paziente.
ZUCCHERI “CORTI” – Cosa sono questi FODMAP? Si tratta di oligo-mono-disaccaridi (zuccheri) fermentabili e polioli, contenuti in diversi alimenti: i derivati del grano e della segale, il cous-cous, il latte e i prodotti caseari, alcuni tipi di frutta (mango, pera, cocomero, ciliegie, albicocche, datteri e fichi), il miele, il cioccolato, le verdure cotte a foglia larga (più di tutte cicoria e bietola), gli asparagi, i broccoli, il finocchio, i legumi, i peperoni e i funghi. Molti di questi prodotti sono ricchi in fibre vegetali, note per accelerare il transito intestinale degli alimenti e promuovere un effetto lassativo. Quali i livelli da non superare? Difficile dirlo con certezza, considerando che molti dei FODMAP si trovano in alimenti presenti quotidianamente nella dieta: dal fruttosio (frutta) al lattosio (latte), dai fruttani (grano) allo xilitolo (caramelle e chewing-gum).
FODMAP E COLON IRRITABILE – Sarebbero proprio queste piccole molecole a esacerbare i sintomi della sindrome del colon irritabile, caratterizzata dalla presenza del dolore addominale e da una variazione nella frequenza delle emissioni di feci. La conferma è arrivata da uno studio australiano pubblicato su Gastroenterology: al termine di un’osservazione dei comportamenti a tavola durata tre settimane, si è visto come chi consumasse pochi FODMAP a tavola, rilevasse sintomi del disturbo decisamente attenuati. «Il disegno dello studio è stato molto preciso e ha confermato l’efficacia di un primo approccio terapeutico basato sull’intervento dietetico – afferma Alfredo Di Leo, direttore dell’unità operativa di gastroenterologia al policlinico di Bari -. La sindrome del colon irritabile ha diverse forme, ognuna della quali viene trattata a livello farmacologico in maniera diversa. La correzione della dieta, invece, risulta sempre efficace, oltre a rappresentare una scelta economicamente vantaggiosa che permette di non dover far ricorso ai farmaci». Definire questi zuccheri a catena corta una possibile cause della sindrome è un’ipotesi azzardata. Ma nel frattempo, per stare meglio, conviene evitare gli alimenti che provocano fermentazione come i farinacei, i legumi e, tra le verdure, il cavolo e i suoi derivati. E’ utile anche ridurre il consumo di caffè e di cibi piccanti. Una dieta povera di FODMAP si è rivelata efficace anche nell’attenuazione dei sintomi della gluten sensitivity, «L’evidenza è emersa da diverse ricerche – dichiara Umberto Volta, docente di medicina interna all’Università di Bologna e coordinatore del board scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia – , ma a incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli additivi alimentari: sotto accusa ci sono il glutammato, il benzoato, i solfiti, i nitrati e vari coloranti».
Fabio Di Todaro © Fonte Fondazione Veronesi