Il desiderio sessuale maschile non ha ricevuto la stessa attenzione riservata al corrispettivo femminile; infatti la letteratura al riguardo è stata per molti anni piuttosto scarsa. Culturalmente si pensa che l’uomo abbia sempre un alto desiderio e che non possa avere problemi in quest’area, quindi non ci si è posti il problema di esaminare con più chiarezza tale dimensione.
Gli studi sul maschile si sono da sempre principalmente concentrati sui problemi legati alla performance, data anche la grande richiesta clinica. Tuttavia, negli ultimi anni, si è cominciato a ipotizzare che questo disturbo nella popolazione maschie sia in realtà più diffuso di quanto non si pensasse in passato, ma che la sua prevalenza sia stata semplicemente sottostimata. Un basso desiderio sessuale può incidere sulle altre fasi della risposta sessuale, causando delle difficoltà; può accadere, perciò, che richieste d’aiuto intraprese per altre disfunzioni sessuali (disfunzione erettile, eiaculazione precoce o ritardata) nascondano un disturbo nell’area del desiderio che, se non indagata correttamente, può restare celato.
La maggiore attenzione data al desiderio sessuale maschile negli ultimi anni ha portato a riconoscere come categoria diagnostica nel DSM 5 il Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile (Hypoactive sexual desire disorder – HSDD), definendolo come una persistente o ricorrente insufficienza (o assenza) di pensieri o fantasie sessuali/erotici e di desiderio di attività sessuale.
Attualmente l’interesse per l’HSDD sta aumentando, soprattutto per quel che concerne le sue cause e i suoi possibili trattamenti. Per quanto riguarda le ipotesi eziologiche, molta attenzione è stata data alla componente biologica, ossia a quella ormonale; infatti si parla di Ipogonadismo come principale causa del disturbo sessuale ipoattivo maschile. Fermo restando che la componente ormonale gioca un ruolo molto importante nel desiderio sessuale maschile, dalla letteratura emerge l’esigenza di considerare anche le altre componenti implicate nell’insorgenza o nel mantenimento del disturbo, utilizzando perciò un approccio bio-psico-sociale. Bisogna sempre tener a mente che la sessualità umana, al contrario di quella animale, non dipende soltanto dalle spinte ormonali, ma da molti altri fattori. Il desiderio viene infatti definito come un costrutto dipendente dall’equilibrio di tre dimensioni fondamentali: biologiche (sexual drive), psicologiche (sexual motivation) e culturali (sexual wish). Molti autori stanno prediligendo l’uso del termine “interesse” più che “desiderio” sessuale, proprio perché il secondo rimanda maggiormente ad una spinta biologica, mentre il primo sottolinea l’aspetto motivazionale.
Negli ultimi anni un gruppo di ricerca portoghese coordinato dal Dottor Pedro Nobre, sta concentrando la sua attenzione sullo studio dei fattori cognitivi ed emotivi implicati nel desiderio maschile. Quello che è emerso è che la presenza di pensieri ed emozioni negative durante l’attività sessuale può portare a non prestare attenzione agli stimoli sessuali e, di conseguenza, a non percepire desiderio o eccitazione.
Inoltre gli stessi studi suggeriscono che questi fattori giocano un ruolo molto importante anche come mediatori rispetto alle altre variabili. Ad esempio l’età, i fattori organici, i fattori psicopatologici e i fattori relazionali possono ricoprire un ruolo secondario e possono avere un impatto sul desiderio maschile solo se sono presenti i fattori cognitivi ed emotivi sopra esposti.
L’egemonia del “principio di prestazione”, ha danneggiato fortemente il desiderio sessuale e la sessualità si è sempre di più trasformata in una sorta di “compito in classe” scevro dal desiderio e soprattutto dalla dimensione di “coppia”.
Il viagra e simili, con le sue magie ed alchimie, agiscono sulla seconda fase della risposta sessuale, l’erezione, ma – per fortuna- sul desiderio, sulla risposta orgasmica e sull’amore, non ha nessun potere.
Un approccio rivolto esclusivamente al sintomo, risulta “orfano” di un percorso poliedrico, capace di garantire emozioni e sensazioni preziose ed uniche che riguardano l’intimità e la sessualità.
La sessuologia inoltre, non può essere separata da una “pratica della parola e dell’ascolto” empatico, competente e professionale.
Non è ancora stata inventata la pillola capace di accendere il desiderio e di far resuscitare l’amore estinto.
La sessuologia, con le sue “terapie dell’amore” lavora su quell’alchimia di pelle e di sensi e dove è ancora possibile, migliora le condizioni relazionali e psichiche affinché il desiderio sessuale possa nuovamente tornare ad abitare in quella ed unica coppia.
Quando la sincronia del desiderio nella coppia cambia cosa fare?
Che tipo di strategie utilizzare per ripristinare il desiderio nella coppia?
Quali le strategie utili?
Alla prima domanda sembra che la risposta sia parlare con il partner, sottolineando in tal modo l’importanza della comunicazione che soprattutto la donna intravede quando nella coppia si crea una discrepanza, la domanda relativa alle strategie si sottolinea ancora il valore della comunicazione, quindi il parlare per affrontare, ma anche una certa importanza della pianificazione, scegliendo cioè momenti dedicati alla sessualità anche senza un desiderio iniziale.
L’utilizzo di sex toys e la lettura di libri specifici sembra siano utilizzati da circa il 10% delle donne, come fonte di ispirazione e rifugio di fantasie celate.
Diverse ricerche sottolineano l’importanza della intimità e della affettività nella coppia nel sostenere e alimentare il desiderio sessuale, quindi l’importanza di quei gesti e quelle attenzioni che nel tempo rischiano di perdersi nella routine quotidiana.
Inoltre, nella nostra cultura è più usuale pensare ad un desiderio sessuale come impulso che quindi, o c’è ed è attivo, oppure non c’è e ci si deve arrendere a questa situazione. In realtà il desiderio sessuale è un fenomeno fluttuante lunga la nostra vita per molte ragioni che vanno dallo stress, ad alcuni farmaci che possiamo assumere, per continuare con l’andamento della relazione e molto altro ancora. Ma riacquistare il desiderio è possibile, è necessaria cura e attenzione ai propri bisogni e a quelli del partner, è necessaria una motivazione di base al cambiamento e una volontà personale e relazionale: tutta una programmazione? Molto meno di quel che può sembrare.
Per sdrammatizzare in alcuni istanti preziosi, ridere aumenta il grado di complicità, in altri, invece, crea addirittura imbarazzo. Tradotto: il sesso è una cosa seria, non seriosa. Ma l’umorismo va usato con parsimonia e intelligenza, attenendosi ad una sorta di galateo della risata.
Concessa e perfino consigliata, se c’è una naturale interruzione nell’atto sessuale, quando i partner sono pienamente rilassati e soddisfatti. Ed ecco che, allora, sorridere insieme fa da collante erotico alla coppia perché aiuta a “ripensare” agli attimi più hot. Guai, invece, a spezzare un’atmosfera eccitante, scoppiando in una risata tanto fragorosa, quanto inopportuna.
Riserviamo, allora, la capacità di scherzare ad attimi meno delicati e più piccanti. Ai preliminari, per esempio, quando il più ammiccante e malizioso dei sorrisi accende la scintilla del desiderio.
A cura della Dottoressa Francesca Bocchi, Esperta in Medicina Estetica e Sessuologia