Del Senatore Antonio Tomassini – Presidente della XII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica
Un provvedimento di equità, che completa un percorso iniziato nel 2006 con l’approvazione della legge 43, tuttora non applicata in questo ambito. è indubbio che le professioni sanitarie rappresentino l’elemento centrale nell’organizzazione sanitaria nazionale. Argomento scottante e spinoso che vede la politica dividersi. Ma in politica dovrebbe vigere una norma di grande saggezza, che i nostri Padri costituenti ci hanno tramandato ma che viene troppo spesso disattesa: non si dovrebbe mai fare una legge contro qualcuno ma una legge per migliorare le situazioni di tutti. Sul DDL 1142, che mira ad istituire cinque nuovi ordini e albi per le professioni sanitarie non mediche, sembra, infatti, giocarsi una partita a tutto campo. Da un lato alcuni di entrambi gli schieramenti interpretano in modo demagogico il Disegno di Legge affermando che vuole introdurre nuovi ordini professionali in controtendenza con il programma di promozione delle liberalizzazioni in atto in Europa, dall’altro la gran parte della maggioranza di entrambi gli schieramenti ritiene il 1142 un provvedimento di equità, che completerebbe un percorso iniziato nel 2006 con l’approvazione della legge 43. Legge tuttora non applicata in questo ambito e unicamente volta a totale garanzia delle qualità delle prestazioni nei confronti dei cittadini. Ed è proprio la tutela dei cittadini, in un comparto colpito pesantemente da abusivismo professionale, con gravi conseguenze più sui pazienti che sugli stessi operatori, che il legislatore dovrebbe garantire e che i firmatari del DDL 1142 hanno assunto come red line. Ma come troppo spesso accade nel nostro Paese le scelte vengono adottate confondendo il principio liberale con il liberismo, rischiando così di scadere nell’anarchia. Il principio liberale prevede, infatti, che l’accesso deve essere permesso a tutti, e che lo Stato deve soprattutto regolare i rapporti degli uni con gli altri e far sì che la libertà di uno non diventi sopraffazione dell’altro. Proprio per questo è evidente che gli ordini professionali servono a garantire i cittadini nelle loro scelte, ad autoregolamentare i rapporti tra i professionisti e non rappresentano, quindi, un ingorgo della libertà ma anzi ne sono una garanzia. A maggior ragione questo dovrebbe valere per le professioni sanitarie, mediche e non. è però vero che in Italia vi è stato un progressivo degrado degli ordini e degli albi, e una loro deriva anomala verso la replica delle organizzazioni sindacali piuttosto che dei partiti politici. Ciò è dovuto, per onestà intellettuale è bene ricordarlo, ad una singolarità tutta italiana: all’estero le università formano, le Istituzioni abilitano, e le associazioni professionali o college (come si definiscono nel mondo anglosassone) accreditano. Nel nostro Paese, al contrario, tutto è stato concentrato nelle università, con le disfunzioni che conosciamo. Ma al di là di quelle che possono sembrare delle strumentalizzazioni politiche è importante sottolineare che portare a compimento l’iter del DDL 1142 significa rispettare l’operato del Parlamento, che ha votato per ben due volte all’unanimità nella XIV legislatura questa legge. Se il 1142 fosse stato un provvedimento costituzionale sarebbe diventata legge dello Stato con effetto immediato. Viceversa questa legge è stata insabbiata nella XV legislatura dove i decreti delegati che ne derivavano non hanno trovato applicazione. In questa legislatura, la XVI, abbiamo ripreso l’iter promuovendo audizioni, discussione, e rielaborando testi fino a raggiungere il voto unanime dei Gruppi in Commissione Igiene e Sanità al Senato. In Commissione, unanimità vuol dire voto “unitario” non solo degli esponenti dei partiti politici che la compongono, ma anche dei più approfonditi cultori della materia in Parlamento, i quali forniscono indubbiamente un valore aggiunto a questo risultato. Il 28 settembre scorso la Camera ha dato, finalmente, il via libera ad una riforma simile che si rivolge ad altre professioni sanitarie. A favore del testo hanno votato 305 deputati, 7 sono stati i no, mentre 197 si sono astenuti, dopo la cancellazione della norma, un emendamento presentato dal PD, che istituiva l’ordine professionale degli odontoiatri. La legge delega deve passare ora all’esame del Senato. Ci si augura che non trovi un ostacolo in quel demagogico irresponsabile spirito liberista, espresso in più occasioni dal Presidente Francesco Rutelli. Eppure questa legge risponde a precisi obbiettivi di equità e di tutela dei cittadini. A ben vedere su 22 profili professionali sanitari non medici, 5 hanno da 9 anni un ordine e un percorso formativo chiaro. 17, benché rappresentativi di 450.000 operatori, non vengono parificati per uno snobbistico atteggiamento che afferma che in Italia non debbano esistere ordini. Gli ordini che si vogliono istituire, è bene ricordarlo, non costeranno ai cittadini, perché avranno lo status giuridico di enti pubblici non economici e avranno il fine di rafforzare il codice deontologico. Gli oneri di finanziamento saranno a totale carico degli iscritti. Così come l’adeguata copertura assicurativa per responsabilità professionale per gli iscritti agli albi. Oggi sulle tasche dei cittadini e indirettamente sulla spesa sanitaria ricadono invece gli oneri dell’abusivismo e della mal practice. Anche il Ministro della Salute Ferruccio Fazio ha autorevolmente espresso l’auspicio che l’iter del DDL possa concludersi in tempi brevi e in maniera trasversale.
E’ necessario, insomma, combattere ostruzioni e ricatti e sconfiggere la demagogia di chi vuole affossare questa legge, senza neanche averla letta, senza aver maturato lo spirito popolare materiale che invece appartiene al DNA della nostra nazione.