Sta bene ed è già libera dall’insulina, la prima paziente sottoposta a trapianto con la nuova tecnica che prevede l’utilizzo di un “mini organo” bioingegnerizzato che imita il pancreas nativo, per il trattamento di una delle forme più gravi di diabete. I risultati della tecnica – messa a punto presso il Diabetes Research Institute (DRI) di Miami – dall’italiano Camillo Ricordi sono stati presentati all’European Society of Organ Transplantation (ESOT) tenutasi nei giorni scorsi a Bruxelles. La paziente, trapiantata ad agosto, è tornata ad essere insulino-indipendente in tempi record in seguito all’impianto di cellule produttrici di insulina all’interno di una “impalcatura biodegradabile” biologica.
La paziente, 43 anni, di San Antonio, Texas, è stata sottoposta alla procedura mini-invasiva il 18 agosto 2015 e sta attualmente producendo la propria insulina naturalmente per la prima volta dopo la diagnosi di diabete tipo 1 all’età di 17 anni. “Il primo paziente nel nostro studio pilota è ora completamente indipendente dall’insulina con eccellenti livelli di glicemia.
Questi sono i migliori risultati mai visti in un ricevente di trapianto di isole pancreatiche”, ha affermato Camillo Ricordi, Direttore del Diabetes Research Institute (DRI) e Direttore del DRI’s Cell Transplant Center presso la Università di Miami.
Si tratta del primo caso in cui le isole sono state trapiantate con tecniche di ingegneria tissutale all’interno di una impalcatura biologica e riassorbibile sulla superficie dei tessuti che ricoprono gli organi addominali. La tecnica permette di ridurre al minimo la reazione infiammatoria solitamente osservata quando le isole sono trapiantate in altri aree dell’organismo a contatto immediato con il sangue. “Se i risultati saranno confermati, siamo di fronte l’inizio di una nuova era per il trapianto di isole pancreatiche. Il nostro obiettivo è di integrare la tecnica in modo da arrivare ad eliminare le terapie antirigetto” ha ancora detto Ricordi. L’omento è un tessuto altamente vascolarizzato che riveste gli organi addominali.
Le isole del donatore sono impiantate all’interno di una impalcatura biodegradabile, una delle piattaforme per il BioHub, realizzata tramite una combinazione di plasma del paziente e trombina, un comune enzima per uso clinico. Questi elementi, quando uniti, creano una sostanza gelatinosa (un gel) che aderisce all’omento e mantiene le isole in sede. L’omento avvolge l’impalcatura biodegradabile, che il corpo assorbe gradualmente lasciando le isole intatte, mentre vengono formati nuovi vasi sanguigni per fornire ossigeno e altri nutrienti essenziali per la sopravvivenza delle cellule. Il DRI sta già collaborando con centri internazionali della DRI Federation, compresi in Italia l’ISMETT di Palermo, e gli ospedali Niguarda e San Raffaele di Milano, in modo da poter esportare anche in Europa questa tecnologia innovativa.
Mario Pappagallo