Nel Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma sono stati eseguiti, dal 1996 ad oggi,
196 interventi chirurgici di impianto cocleare, di cui 73 su bambini, con un’età minima di 10 mesi.
a cura di Prof. Gaetano Paludetti
Direttore Istituto Clinica Otorinolaringoiatrica Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Agostino Gemelli -Roma
Contro la sordità, nuove frontiere terapeutiche. è stato questo il tema al centro del terzo Forum Abruzzese sulla sordità, un appuntamento giunto ormai alla terza edizione che si è svolto sabato14 aprile 2012 presso l’Auditorium del Nuovo Rettorato dell’Università G. d’Annunzio a Chieti.
Un evento unico nel panorama regionale, fortemente voluto da due dei massimi esperti nel settore: il professor Carlo Giordano, direttore della I° cattedra Orl dell’Università degli Studi di Torino e il professor Adelchi Croce, primario Orl della Clinica universitaria dell’ospedale di Chieti, e reso possibile grazie alla sensibilità di un’azienda locale, la Maico, impegnata da sempre in una vera e propria sfida di prevenzione e di informazione nella lotta ai disturbi uditivi. Tanti i temi affrontati. Dopo l’introduzione, affidata al professor Carlo Giordano, la mattinata è proseguita in un confronto senza sosta. A tracciare un bilancio della situazione abruzzese è stato Mauro Menzietti, direttore della Maico di Pescara e direttore dell’unica rivista tecnico-scientifica dedicata all’udito, “L’Audioprotesista”. È stato anche presentato il Manifesto Abruzzese di prevenzione, un documento fondamentale per illustrare aggiornamenti e prospettive sul tema. Affidato al professor Paludetti, invece, un tema delicato ma importante, quello delle ipoacusie infantili…
La presenza di una sordità nel bambino compromette la capacità di acquisizione del linguaggio fino al sordomutismo. La gravità del deficit dipende dall’entità dell’ipoacusia, dall’epoca di insorgenza, dalla precocità della diagnosi e quindi del trattamento riabilitativo. L’incidenza delle ipoacusie congenite è in generale di 1.1-1.7/1000 nati, in particolare: 0.19/1000 nei cosiddetti “well-born babies” e 2.2/1000 nei “bambini a rischio” (ipoacusia familiare, ittero, malformazioni cranio-facciali, basso peso alla nascita, meningite batterica, asfissia, basso APGAR, uso di farmaci ototossici, ventilazione meccanica per oltre 10 giorni, presenza di sindromi associate a ipoacusia, ricovero in terapia intensiva neonatale). Le cause dell’ipoacusia possono essere distinte in prenatali, perinatali e postnatali. Negli ultimi anni sono notevolmente aumentati i casi di sordità genetiche, forse anche in seguito alle aumentate conoscenze sui geni legati alla sordità. Per tale motivo oggi si possono eseguire dei test genetici Romaanche al momento dell’amniocentesi, con delle implicazioni di tipo etico di notevole importanza. Nel nostro Centro eseguiamo un counseling audiologico-genetico solo in epoca postnatale e con un grande rispetto delle implicazioni bioetiche.
La mancata percezione degli stimoli acustici durante i primi mesi di vita provoca una condizione di cosiddetta deprivazione sensoriale nel sistema nervoso centrale (SNC), che diventa sempre meno reversibile col passare del tempo. Altre conseguenze della sordità riguardano non solo l’acquisizione del linguaggio ma anche gli aspetti psicosociali, relazionali e scolastici. Deve essere, pertanto, un obiettivo irrinunciabile la prevenzione dell’handicap determinato dall’ipoacusia grazie alle attuali metodiche di diagnosi precoce (screening neonatale) e di terapia riabilitativa. In considerazione dell’importanza della precocità della diagnosi audiologica, è pertanto auspicabile che tutti i Centri Nascita in Italia, e non solo, adottino lo screening uditivo neonatale universale. Nel Policlinico “A. Gemelli” di Roma, lo screening uditivo sui bambini a rischio è operativo da più di 20 anni, mentre da Marzo 2009 lo screening è diventato universale, e coinvolge tutti i nati nel nostro Centro (Figura 1). Il test, assolutamente non invasivo, viene condotto in II o III giornata di vita, consiste nella ricerca di “otoemissioni acustiche” (TEOAEs), indicative della corretta funzione uditiva periferica (Figura 2). I bambini che risultano “fail” all’esame di screening ed i bambini cosiddetti a rischio eseguono invece degli esami più sofisticati, basati sull’impiego dei potenziali evocati uditivi del tronco-encefalo (ABR). Nella nostra esperienza, da Marzo 2009 abbiamo testato 9238 bambini, di cui 31 con deficit uditivo bilaterale. Una volta effettuata una diagnosi di ipoacusia media o grave il bambino viene inserito in un programma di riabilitazione che comprende la protesizzazione acustica (tradizionale o con impianto cocleare) e la terapia logopedia. In caso di sordità gravi-profonde, in assenza di significativi benefici dall’uso delle protesi acustiche sull’acquisizione dei prerequisiti del linguaggio, l’unica possibilità terapeutica realmente efficace è rappresentata dall’Impianto Cocleare (IC). Gli IC hanno prodotto nella pratica clinica una vera rivoluzione nel trattamento delle ipoacusie profonde del bambino. Attualmente, sono più di 80.000 i bambini portatori di IC nel mondo. L’IC è un vero e proprio orecchio artificiale (Figura 3), che trasforma gli stimoli acustici in stimoli elettrici, inviandoli direttamente alle fibre del nervo acustico. Ad oggi, molti bambini sordi grazie all’IC possono utilizzare l’udito per sviluppare il linguaggio verbale e si avvalgono di quest’ultimo quale principale modalità comunicativa. L’IC è formato essenzialmente da 2 componenti: la prima, esterna, ha il compito di raccogliere i suoni dall’ambiente e di elaborarli per inoltrarli alla seconda componente, interna, attraverso la quale si invia lo stimolo direttamente al nervo acustico bypassando i recettori cocleari non più funzionanti. Le indicazioni condivise dalla maggior parte dei Centri Europei sono quelle riportate nel National Insitute for Health and Clinical Excellence (NICE, 2009). Secondo tale documento, l’IC monolaterale è raccomandato, per bambini con ipoacusia graveprofonda e senza un adeguato beneficio con l’uso delle protesi. È inoltre indicato un periodo di almeno tre mesi di uso continuativo di protesi acustiche convenzionali prima di porre l’indicazione all’IC. La decisione del timing dell’intervento chirurgico è ancora oggetto di controversie: negli Stati Uniti, l’FDA impone di attendere il compimento del primo anno di vita, mentre il NICE non pone limiti inferiori di età. Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente tendenza all’applicazione bilaterale dell’IC anche nella popolazione pediatrica, in base ai risultati incoraggianti ottenuti negli ipoacusici adulti. Il razionale dell’indicazione all’IC bilaterale consiste nel ripristino della fisiologica binauralità dell’udito, che permette di sfruttare informazioni importanti soprattutto per la localizzazione della sorgente sonora e la discriminazione del linguaggio in ambienti rumorosi. Ogni bambino ipoacusico possibile candidato all’IC deve essere sottoposto ad una ampia batteria diagnostica, che si compone di una valutazione audiologica, logopedica, neuropsichiatrica, neuroradiologica mediante TC delle piramidi temporali e RM encefalo e orecchio interno con gadolinio. Gli obiettivi fondamentali dell’intervento chirurgico per il posizionamento di IC sono l’adeguato alloggiamento del ricevitore-stimolatore, il posizionamento degli elettrodi e la minimizzazione del trauma meccanico causato dall’inserimento dell’elettrodo a carico delle delicate strutture dell’orecchio interno, al fine di evitare la perdita di eventuali cellule sensoriali e, quindi, di preservare i residui uditivi. Il fitting dell’IC si può definire come l’insieme di procedure finalizzate ad una regolazione ottimale del dispositivo, in modo tale che questo sia “su misura” per il paziente. Si tratta pertanto di un momento fondamentale nel follow-up del bambino sordo impiantato, tanto che lo si può considerare di importanza pari alla riabilitazione logopedica nel garantire uno sviluppo adeguato delle abilità percettive e linguistiche del piccolo paziente. Il fitting deve essere periodico e derivare necessariamente dalla stretta collaborazione di un team di figure professionali, che comprenda almeno un audiologo-foniatra, l’audiometrista e il logopedista. L’evoluzione linguistica dipende non solo dall’età al momento dell’impianto, ma anche da altre variabili quali l’ambiente familiare, il trattamento effettuato, la presenza di difficoltà cognitive e relazionali, la comorbidità con disturbi specifici del linguaggio. In generale, il confronto delle performance linguistiche tra bambini affetti da ipoacusia grave-profonda portatori di protesi tradizionali e bambini impiantati ha rilevato che l’IC, soprattutto se eseguito in età precoce, favorisce un migliore outcome linguistico.