Secondo il vocabolario Treccani, ‘guidare’ significa: «regolare, vincolare il movimento di un oggetto, accompagnandolo o agendo altrimenti su di esso perché proceda nella direzione voluta». Viene facile pensare che l’oggetto in questione sia un’auto. Ma, cosa accade se all’associazione ‘guidare+auto’ aggiungessimo un terzo elemento: la collera?
Nella letteratura scientifica si trovano facilmente studi che provano come la collera, nel contesto di guida, sia la variabile maggiormente correlata a comportamenti di guida a rischio, che aumenta le probabilità di coinvolgimento in incidente stradale (Beirness, 1993; Lowenstein, 1997). In effetti, non è poi così poco verosimile immaginarsi una scena in cui, dopo essere stati pericolosamente sorpassati da un’auto, si venga assaliti dalla collera e da pensieri che possono oscillare fra il “che figlio di bip” al “a quel bip non gliela farò passare liscia”. E’ più che evidente che non ragioniamo allo stesso modo quando siamo pervasi dalla rabbia.
Come gestire questa emozione? Alcuni sono convinti che la soluzione migliore sia quella di sfogarla poiché incontrollabile. All’opposto altri sostengono che non si debba esperirla in alcun modo. Sono questi, dice Rosa Piscitelli, psicologa e freelance writer per Assicurazioneauto.it, falsi miti sulle emozioni e sulla rabbia.
Il primo passo per poter comprendere cosa sia esattamente la collera è quello di delineare le sensazioni fisiche che si provano quando se ne è pervasi. I battiti del cuore si accelerano, le nocche delle mani si fanno bianche, la fronte si riempie di sudore, le sopracciglia si ravvicinano, inclinandosi verso il basso, le palpebre si fanno tese e gli occhi rimangono fissi. Ma, cosa influenza esattamente la collera? In primis l’attenzione e a seguire la percezione, l’elaborazione delle informazioni e le abilità motorie. Tutto ciò fa si che le abilità di guida vengano ampiamente compresse, aumentando così il rischio d’incidente stradale (Deffenbacher et al., 1994).
Facciamo un passo oltre. Immaginiamoci di aver appena sventato un incidente e che un’altra auto sopraggiunga da dietro, iniziando a strombazzare con il clacson. A questo punto la nostra collera, che si era già attivata, sale e arriva alle stelle! Questo meccanismo non è altro che l’essenza dell’ipertensione. Il processo di “l’escalation” della collera inizia, infatti, quando ci si trova in una situazione in cui si ha la percezione di trovarsi in pericolo fisico o di minaccia simbolica alla propria autostima o dignità. Si attiva, infatti, il sistema limbico che rilascia le catecolamine che provocano un’onda energetica rapida. Allo stesso tempo avviene anche un’attivazione cortico-surrenale, ovvero l’amigdala richiama le ghiandole surrenali (attivazione cortico-surrenali) creando una condizione tonica che predispone all’azione. Si formano in questo modo le condizioni perfette per scatenare la collera. Ad assommarsi a questa catena, vi è l’ondata di ormoni che ogni pensiero, di vendetta per esempio, genera e che aggiunti a quelli precedenti aumentando il livello di attivazione fisiologica. In questo modo si scatena una collera sempre più intensa che può facilmente sfociare in un comportamento aggressivo e violente. A questo punto il gioco è fatto! Ci si sente implacabili, tutti i pensieri ruotano intorno alla vendetta senza ragionare sulle conseguenze. Si alimenta la convinzione di essere sempre più forti e invulnerabili e viene meno la guida della ragione.
Certo è che allo stesso modo in cui si diventa diavoli in macchina, vi sia la possibilità di gestire e quindi calmare l’ira. Quanto prima agiamo sul ciclo della collera tanto più la mitighiamo. Come? Un primo metodo è quello della rivalutazione degli eventi. Se la collera è ancora ad un livello moderato, è possibile rivedere in una chiave diversa gli avvenimenti che ci hanno causato irritazione, ciò consentirà la de-escalation. In alternativa si potrebbe modificare l’attivazione fisiologica, rifugiandovi in un ambiente che vi possa calmare, ponendo della distanza fra voi e gli altri. Nella pratica che potreste fare? Cercare di occupare la mente con attività distraenti: canticchiare, organizzare le attività che verranno in seguito nella giornata, pensare ad una scena felice della propria vita o un’immagine che ci è particolarmente cara. (Tice, 1993). Questi stratagemmi fungeranno da calmante naturale sui pensieri. E’ altresì necessario frenare la sequenza di pensieri ostili. Sui pensieri si utilizza l’auto consapevolezza, il riconoscimento dell’arrivo dei pensieri ostili per bloccarli, o fissarli mettendoli per iscritto per metterli in discussione e rivalutarli.
E quanto può servire sfogarsi? Rivolgere al conducente dell’altra automobile imprecazioni di ogni genere, serve davvero? Certo, può dare una certa soddisfazione ma è uno dei modi peggiori per raffreddare la collera. “Non è possibili sopprimere la collera. Ma non bisogna MAI agire sotto il suo impulso” – recita, un monaco tibetano.
Per concludere, facciamo chiarezza su alcuni termini emotivi-comportamentali. La rabbia è una malattia infettiva degli animali. Il suo uso, nell’accezione comune di emozione, può avvalorare il senso d’irritazione incontrollato, che abbiamo capito essere un falso mito. Diversi sono i concetti di collera e ostilità. Queste ultime sono emozioni esplosive ma sempre dirette contro qualcosa o qualcuno di preciso che ci ostacola, e che possano essere raffreddare. L’aggressivitàè, invece, il comportamento diretto a provocare un danno,ma che può anche non essere sostenuto dall’ostilità. In una discussione, ad esempio, si possono utilizzare gesti, postura o tono di voce aggressivi nel tentativo di convincere qualcuno, ciò non significa però che lo si stia per forza odiando.
Il primo passo verso l’adozione un comportamento adeguato è il riconoscimento e la denominazione dell’emozione. Voi che ne pensate, abbiamo rottamato le false credenze sull’ostilità?