Il circolo della vita: l’utilizzo, da parte del Prof. Camillo Ricordi dell’Università di Miami e del suo team, di cellule staminali mesenchimali il cordone ombelicale di un neonato per il trattamento di casi gravi di COVID-19
Stiamo sperimentando un intervento autorizzato dall’FDA (Food and Drug Administration negli USA). Si tratta di un *trial clinico randomizzato prospettico che mira a verificare la sicurezza e l‘efficacia di trattamenti che utilizzano cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale di neonato. A seguito di un parto, il sangue cordonale viene talvolta crio-preservato per utilizzo futuro, ma il cordone ombelicale stesso, composto da un tessuto ricchissimo di cellule staminali (in grado di fornire più di 10.000 dosi di staminali) viene generalmente scartato insieme alla placenta.
Come agiscono le cellule staminali mesenchimali sulla progressione grave del Covid-19 ?
Il COVID-19 è un virus altamente contagioso che può provocare una grave infiammazione polmonare, rendendo la respirazione difficile e insufficiente. Quando i livelli di ossigeno nella circolazione sanguigna scendono pericolosamente, gli organi vitali smettono di funzionare. Nei casi gravi, il tempo medio tra il primo sintomo e la morte di COVID-19 è di due settimane. L’eccesso di infiammazione e la riposta immune che si verifica può prendere una forma simile a una patologia autoimmune ossia una reazione contro i tessuti dell’organismo stesso, con conseguente danno dell’endotelio polmonare dei vasi e micro vasi che provoca micro embolie.
Il corpo umano reagisce a tali micro trombosi attivando la plasmina, enzima predisposto allo scioglimento dei coaguli. Ma questo enzima finisce per potenziare ancora di più il virus, rendendolo maggiormente infettivo e virulento, in una reazione a catena. Per cui è importante fornire terapie combinate che includano anticoagulanti e antinfiammatori. Le cellule staminali possono essere paragonate ad una tecnologia che fa uso di bombe intelligenti: possiedono un’azione anti-infiammatoria che allo stesso tempo modera la risposte del sistema immunitario (vengono infatti usate per patologie autoimmuni come il diabete, il lupus ecc.). Sono inoltre dotate di un’azione anti-microbica, antibatterica e antivirale, oltre a promuovere la riparazione e rigenerazione dei tessuti danneggiati.
Prof. Ricordi per quale motivo il vostro centro sul diabete è all’avanguardia per l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali nel Covid-19 ?
Cercando su clinicaltrials.gov, il database di trial clinici internazionali, si osserva come ci siano più di 9.000 trials clinici internazionali in corso che riguardano cellule staminali, mentre ce ne sono solo 71 sul Covid -19. Il nostro è l’unico studio pilota condotto in Florida. Nel cordone si trovano cellule mesenchimali staminali che sono state già approvate per la sperimentazione nella malattia di Alzheimer e nel diabete di tipo uno. Il mio team ne fa uso da 15 anni per i nostri trial clinici per il diabete di tipo uno, trapianti di rene e per l’Alzheimer in collaborazione con il dipartimento di neurologia dell’Università di Miami.
Nel caso di diabete o patologie renali però, l’uso di cellule staminali mesenchimali presenta un ostacolo: se iniettate endovena, il primo filtro è quello polmonare, dove il 95% delle cellule iniettate nei pazienti resta intrappolata, obbligandoci a dirottare tali cellule per via arteriosa verso l’organo target. Ma nel nostro caso l’organo target è il polmone e quindi il trial non richiede altri interventi chirurgici per indirizzare queste cellule altrove. Naturalmente non abbiamo interrotto la nostra battaglie per curare il diabete di tipo uno anche se al momento il nostro team di produzione di cellule staminali è stato convertito alla finalità di generarne principalmente per i trials sul Covid-19.
Oltre all’Italia, il suo team sta realizzando questo trial con altri gruppi nel resto del mondo ?
Il nostro team è multidisciplinare e internazionale. Al momento sono in contatto con team da tutto il mondo. In Cina hanno utilizzato cellule dal cordone ombelicale e in Israele hanno avuto risultati incoraggianti con l’utilizzo di cellule mesenchimali staminali della placenta. Il loro successo dovrà essere confermato tramite trials randomizzati prospettici per verificare i risultati iniziali.
Negli USA interagisco con le Università di Stanford e Harvard, e corrispondiamo con altri centri di studio in Sud America ed Europa.
In Italia siamo in contatto con il Prof. Massimo Dominici all’università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che sta coordinando un gruppo di 5 centri, nei quali condurranno ricerche per confrontare l’efficacia delle cellule mesenchimali staminali di diverse origini (da tessuto adiposo, placenta o midollo osseo).
In linea con il nostro spirito di collaborazione senza frontiere, il nostro protocollo è già disponibile online sul sito di CellR4.org la rivista ufficiale della fondazione Cure Alliance che sostiene il nostro trial. Chiunque può scaricare le informazioni inerenti alle caratteristiche delle cellule, per facilitare la condivisione con gruppi che vogliono testare terapie simili in tutto il mondo.
È un’iniziativa accademica, no-profit altamente collaborativa che mira a creare una sorta di banca di queste cellule, a titolo gratuito nella maniera più rapida ed efficiente possibile. Il nostro trial è limitato a 24 pazienti ma ci stiamo organizzando per far crescere le cellule in numero sufficiente per distribuire dosi ad un gran numero di ospedali in America. Tra tre mesi scopriremo l’esito nostro trial. Siamo ottimisti e crediamo di essere sulla strada giusta.
Se per i casi più gravi si potranno usare le cellule staminali mesenchimali, cosa si puo’ fare come prevenzione, migliorando magari le nostre difese o resistenza al virus ?
Nell’attesa di un vaccino efficace e sicuro, e comunque anche dopo il vaccino, stiamo lanciando un’iniziativa “Fit4Pandemics” (in forma per le pandemie), su come preparare il nostro organismo a resistere meglio alle infezioni virali come quelle da coronavirus, e in caso di infezione come diminuire il rischio di sviluppare casi più gravi. In pratica si tratterebbe di potenziare le nostre difese immunitarie, modulando allo stesso tempo le reazioni infiammatorie e immunitarie esagerate, che possono portare a una serie di problemi, dall’autoimmunità alle reazioni iper-infiammatorie e iper-immuni presenti nei casi più gravi di COVID19.
Ci stiamo concentrando su dieta, stile di vita e supplementi che possano aiutarci a prevenire le infezioni, o non contrarre infezioni che possano provocare gravi danni.
Quello che riporto non è sicuramente una ricetta medica o il risultato di uno studio randomizzato prospettico, ma è quello che sto facendo io, assieme a altri colleghi che come me sono più esposti al contagio perchè lavorano in unità COVID19 o su protocolli terapeutici e campioni infettati da analizzare.
Le molecole che stiamo considerando hanno dimostrato proprietà anti-infiammatorie, modulanti la risposta immune, antiossidanti, antinvecchiamento, antimicrobiche, o che prevengano l’eccessiva aggregazione piastrinica (iper-coagulazione).
In attesa di conferme scientifiche rigorose e in considerazione della sicurezza delle molecole descritte, intanto sia io che altri colleghi e collaboratori a rischio di contagio, stiamo seguendo questi suggerimenti di buon senso, per mantenere il nostro sistema immune “in forma” (Fit4Pandemics), e non rappresentano in alcun caso una terapia del COVID19.