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L’Italia a misura di nucleare

L’Italia a misura di nucleare

17 July 2011 3610 views

Lo sfruttamento dell’energia nucleare è caratterizzato dalla presenza di potenziali rischi molto importanti per la salute. La consapevolezza di tali rischi, specie dopo l’incidente di Chernobyl, ha spinto i governi nazionali e le istituzioni internazionali competenti (tra cui anche l’Unione Europea), a promuovere procedure di sicurezza sempre più affidabili e a sviluppare reti e sistemi rapidi di sorveglianza e intervento, al fine di poter fronteggiare con prontezza gli eventuali scenari incidentali, e permettere l’adozione di provvedimenti che ne mitighino in modo significativo le conseguenze negative. Oggi l’attenzione del pubblico è chiaramente sulle conseguenze dell’incidente di Fukushima. Su questo versante Il Ministero della Salute è in contatto costante con l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca sull’Ambiente), che è il punto di contatto nazionale nell’ambito dei sistemi di scambio rapido d’informazioni predisposti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica in attuazione della Convenzione per la pronta notifica d’incidenti nucleari. Anche l’Unione Europea, oltre ad aver emanato importanti direttive sulla sicurezza nucleare, è dotata di un sistema per il pronto allarme e lo scambio di informazioni in caso di emergenza nucleare e radiologica denominato ECURIE (European Community Urgent Radiological Information Exchange), che per l’Italia fa riferimento al Dipartimento della Protezione Civile quale autorità competente e al Centro emergenze nucleari dell’ISPRA quale punto di contatto. Nel contesto dell’incidente giapponese, sappiamo che le emissioni di radioattività non pongono allo stato attuale alcun tipo di rischio sanitario sul territorio italiano, e adeguati provvedimenti precauzionali sono stati adottati a livello nazionale ed europeo in relazione all’importazione di prodotti alimentari. Diverso, e potenzialmente molto più rilevante, è il rischio radiologico dovuto alla presenza di ben tredici centrali nucleari estere a meno di 200 chilometri dal confine italiano, poiché in questo caso le conseguenze di uno scenario incidentale interesserebbero anche il nostro territorio. Al fine di fronteggiare in modo coordinato ed efficace un’eventuale emergenza, il nostro paese ha adottato per legge un “Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche”, recentemente aggiornato a marzo 2010 e alla cui stesura il Ministero della Salute ha attivamente partecipato, che stabilisce il modello e i criteri di intervento sul territorio nazionale in caso di incidente nucleare transfrontaliero. Le misure di protezione per la popolazione, in accordo alle indicazioni raccomandate a livello internazionale (es. dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), prevedono il riparo al chiuso, la somministrazione di iodio, e in casi estremi l’evacuazione. I potenziali livelli di dose al pubblico a cui scattano dette contromisure sono anch’essi già determinati dalla normativa quadro sull’utilizzo delle radiazioni ionizzanti. In caso di forte contaminazione del terreno sono anche previste misure restrittive di medio o lungo periodo sul consumo degli alimenti. Tutte le misure di protezione hanno lo scopo di prevenire l’assorbimento di radioattività, che nel caso degli scenari più sfavorevoli presi a riferimento nel piano nazionale è sostanzialmente dovuto all’inalazione di iodio 131 entro le 48 successive all’incidente e al rilascio in atmosfera. L’eventuale assunzione di iodio stabile per via orale ha la finalità di saturare la tiroide, e impedire quindi che lo iodio radioattivo eventualmente inalato si accumuli al suo interno. Tutte queste misure hanno un senso solo se le potenziali dosi in gioco superano i livelli di rifermento previsti dalla normativa. L’eventuale assunzione di iodio è inoltre indicata solo nei bambini, e comunque nei soggetti di età inferiore a 40 anni. Le simulazioni alla base del piano, sull’entità dell’impatto radiologico sul territorio italiano di un incidente transfrontaliero, si fondano su stime realistiche degli eventuali rilasci di radioattività nelle più sfavorevoli condizioni incidentali, ed evidenziano che il complesso delle contromisure, se prontamente attuate, renderebbe molto limitate le conseguenze sanitarie sulla popolazione italiana.

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